sabato 26 settembre 2009

Buone Notizie

Consulto quasi tutti i giorni il sito Buone Notizie. L'ho scoperto leggendo, giuro solo una volta!, Focus.
'E quindi?' direte voi. Ebbene, trovo molto ironico il fatto che venga aggiornato meno di una volta a settimana. Le ipotesi sono due: o il redattore non ha più voglia di seguirlo oppure le buone notizie sono effettivamente poche.
Abbiamo pagine e pagine di quotidiani scritti in maniera molto fitta per garantire il maggior numero di notizie e di informazioni. Mi chiedo chi abbia il tempo di leggere tutto.
Abbiamo riviste dagli argomenti più disparati sviscerati in modo metodico.
Abbiamo milioni di siti Internet che sparano byte di informazioni, se anche solo una piccolissima percentuale fosse attendibile, ne avremmo da leggere per l'eternità.
Eppure...
Eppure scarseggiamo di buone notizie.
Anche qui si aprono due ipotesi: o mancano, o chi scrive (e parlo dei giornalisti) è sadico.
Ho la sensazione che le notizie abbiano assunto un carattere loro per cui stanno perdendo la loro funzionalità informativa in favore del terrorismo/pessimismo.
Per fare qualche esempio, prendo il sito de La Stampa, prime notizie che vedo.

Incubo armi atomiche - Cresce la tensione Nucleare, Khamenei detta l'agenda: "Secondo impianto presto operativo"

Terrorismo
Doppio attentato in Pakistan, morti e feriti

Camorra: preso in discoteca latitante dei Casalesi

Ora, senza nulla togliere a queste notizie, perché non dicono le cose come stanno?
Le armi atomiche le vuole solo l'America, se le hanno gli altri dobbiamo avere paura.
Doppio attentato in Pakistan: non è che me ne frego, ma l'intento è solo quello di distrarci. Dei morti in auto ce ne parlano solo se sono quelli del sabato sera o se l'autista era un immigrante ubriaco.
Preso un latitante: come se non sapessero dove fosse...
Estraendo il succo, cosa deduco da queste notizie? I medio-orientali ci vogliono morti, continuate a guidare l'auto e fate attenzione in discoteca, è un luogo dove si ritrovano i criminali.
Non ci sto.
Non voglio una visione distorta del mondo, non voglio aver paura degli extra-italiani e di andare a ballare.
Voglio sapere che gran parte dell'umanità è composta da gente come me, che se non posso migliorare il mondo almeno non lo peggioro.
Voglio sapere che la giustizia funziona, che la medicina cura, che non si vive per i soldi.
Insomma, voglio notizie oggettive.

Mi sono lasciato andare a delle ovvietà? Si, ma la cosa grave è che le suddette notizie le accettiamo supinamente. Siamo diventati cinici e freddi.

Buona giornata!

domenica 20 settembre 2009

"Vuto I Sùgui?"

Ieri mia madre, quando sono passato a trovarla, mi ha accolto con questa domanda. I miei occhi si sono illuminati e le mie mani si sono subito tese per accogliere il recipiente. Non vedevo l'ora di mangiarli.
Ora io non so se sùgui sia il termine corretto, pur in un contesto dialettale. Ho fatto una ricerca in rete ma non ho trovato nessun risultato.
I miei genitori sono nati nel Veneto prima della Seconda Guerra e si sono trasferiti in Piemonte con le grandi ondate degli Anni '60. Il loro dialetto si è fermato lì e col tempo si è mescolato al piemontese e all'italiano.
Premesso questo, i sùgui a casa mia sono un budino di mosto d'uva.
Come in tutti i paesi di provincia, Settembre è ancora il mese della vendemmia e della fermentazione dell'uva. Passeggiando per le strade sempre più periferiche, è tutto un crescendo di profumi in trasformazione. Mentre in alcune case si percepisce ancora il dolce effluvio dell'uva appena pigiata, in altre già si sente quell'odore alcolico tipico del vino.
Qui è diffuso il Barbera e anche mio padre ha abbandonato i vini della sua gioventù in favore di questo vino dal colore scuro e il sapore robusto. Ognuno si vanta di saper fare il Barbera migliore e forse è così, visto che è impossibile trovare due produzioni uguali.
Tornando ai sùgui, scrivo la semplice ricetta per realizzarli.

Ingredienti
1 litro di mosto di vino (preferibilmente rosso e dolce, ma va bene qualsiasi uva)
70 g. di farina 00
30 g. di farina da polenta
1 cucchiaio di zucchero (regolarsi a seconda della dolcezza del mosto, quest'anno mia madre non ne ha proprio messo)

Preparazione
Mettete in un pentolino il mosto d'uva e ponetelo sul fuoco. Lentamente versate a pioggia le farine (meglio se setacciata o se lasciata cadere con l'apposito attrezzo) e continuate a mescolare portando il tutto ad ebollizione. Lasciare cuocere per 5/6 minuti.
Versate il tutto in un contenitore o in tante ciotole e lasciate raffreddare. Potete servire freddo o a temperatura ambiente per diversi giorni.
Va tenuto in frigo e si conserva a lungo. Dovesse formarsi della muffa in superficie, non è da buttare. Si toglie la parte ammuffita e vi assicuro che il resto rimane intatto e senza alterazioni del sapore.

Ora vado a finirmi i sùgui avanzati e poi, li aspetterò fino al prossimo anno...

Buon Appetito!

[La foto sopra non è mia, ma il contenuto assomiglia moltissimo ai sùgui]

mercoledì 16 settembre 2009

Google Holodeck

Va bene, è una cosa veramente da nerd, ma un coso così me lo farei installare in salotto!
Holodeck è una cabina dotata di otto monitor, casse audio e joystick per un'esperienza video a 360°. Con un accenno di superbia, il dispositivo è stato presentato circa tre mesi fa alla conferenza Google I/O e così chiamato in omaggio a Star Trek.
Il primo video ne mostra l'utilizzo con Google Earth, in volo a bassa quota.



Questo invece è l'esperienza con StreetView.



Immagino una cosa simile per videogiocare o vedere film, magari porno. Bisognerà guardarsi le spalle!
Potevano far di meglio? Secondo me si, però è una figata lo stesso.

Buona Notte.

domenica 13 settembre 2009

Gli Uomini Non Vanno Al Supermercato

Dicono che gli uomini odino andare al supermercato. Non è vero, è solo che l'uomo non è mai entrato in un supermercato. Ve lo dimostro.

Giornata qualunque, circa le 18. L'uomo rientra a casa dal lavoro, è stanco e vorrebbe farsi una doccia, spaparanzarsi sul divano con una birra in mano e attendere la cena. Appena apre la porta di casa, vede la sua dolce metà tutta tirata. Con un tono di speranza l'uomo chiede: 'Esci?' e lei: 'Ci manca solo il dentifricio, ma perché non andiamo insieme all'Auchan?'. Addio doccia, divano e birra. Una sciacquata veloce e via. L'uomo si guarda, poi guarda la propria compagna, poi si riguarda, si annusa: una doccia sarebbe stata meglio, ma ormai sono fuori. L'uomo passa gentilmente le chiavi della macchina alla donna e le permette di guidare, tanto ormai anche il poco tempo libero è rovinato.
Arrivati all'Auchan, si parcheggia e si prende il carrello. Come il carrello? Non dovevamo prendere solo il dentifricio? La donna guarda in faccia l'uomo e gli fa l'occhiolino. Fregato.
E' per questo che gli uomini odiano il supermercato? Ebbene no, il meglio deve ancora venire.
L'uomo si appoggia mollemente al carrello, supera le porte scorrevoli automatiche, passa sotto la scritta 'entrata'.
Qui avviene la trasformazione. Gli occhi dell'uomo si iniettano di sangue, la pupilla si restringe fino a diventare un puntino, le spalle si ingrossano e si incurvano, la bocca si storce in un mezzo sorriso e file di neuroni abbandonano la scatola cranica. L'aspetto diviene, nel complesso, ferino.
Incapace di comporre pensieri più complessi di una scimmia, l'uomo articola un gutturale: 'Femmina seguire io'.
A questo punto il novello berserkr si sposta attraverso gli scaffali con rigore metodico, analizzando tutto ciò che gli passa davanti agli occhi e buttando nel carrello qualunque cosa attragga la sua mente debole. Solo passando davanti al corridoio dedicato alla cura del corpo, il berserkr rallenta il respiro e gli occhi cominciano a tornare normali. E' perché non capisce cosa siano tutte quelle creme e quei profumi. Escluso che si tratti di roba commestibile, il berserkr riprende la sua caccia.
Riempito il carrello, il berserkr arriva alla cassa. La donna l'ha seguito per tutto questo tempo senza dire una parola.
Ora la donna comincia a mettere gli acquisti sul nastro scorrevole e il berserk rfissa con sguardo allarmato ogni movimento della propria donna e della cassiera. Teme che qualcosa possa essere dimenticato o scartato.
La cassiera, con nonchalance, proferisce il valore dello scontrino. La donna, sempre col sorriso, prende il bancomat dal portafoglio del compagno, gli asciuga amorevolmente una bava e paga.
Ecco, il bip magico. I neuroni del berserk rientrano nella scatola cranica come uno sciame di api nell'alveare, il respiro si fa via via meno affannoso, perde il mezzo sorriso, le spalle e la schiena tornano alla normalità, le pupille si dilatano quel tanto che basta e il sangue torna a fluire nei giusti canali.
L'uomo si guarda intorno, realizza dove si trova e guarda il carrello: pieno al limite dello smottamento. Guarda con rabbia la donna e chiede: 'Non dovevamo prendere solo il dentifricio? Mi sembra che TU abbia comprato l'impossibile. Quintali di pasta, birra a fiumi, patatine a ettari, formaggi e salumi. Niente frutta e verdura, niente detersivi e niente shampoo. E questo che cos'è? Un pettine per districare gli spaghetti. E questo? Un togli-pelo-dall-uovo. E il dentifricio almeno l'hai preso, quello con effetto sbiancante e gusto anice? Ecco, non lo vedo, te lo sei dimenticato! Ora dobbiamo rientrare a comprarlo. Odio fare la spesa con te. Tutte queste buste piene di roba... Dovremmo fare più giri per portarle dal bagagliaio al nostro alloggio. E poi bisogna ritirare tutto. Dove la mettiamo tutta questa roba? Abbiamo uno sgabuzzino, non un deposito! Non vengo più a fare la spesa con te, la prossima volta ti arrangi!'.
La donna allora saluta sorridendo la cassiera e volgendosi verso il proprio l'uomo, gli rifà l'occhiolino.
La donna sa che prossima volta, quando uscirà da sola, comprerà le poche cose utili.

mercoledì 9 settembre 2009

Come Conquistare Una Donna: Il Gusto

Quinto, ma non ultimo, post del manuale di conquista. L'indice potete trovarlo QUI.

Sfilettare le acciughe e dissalare i filetti; lavarli e pestarli in poltiglia in un mortaio. Tritare finemente l'aglio e farlo marinare per un paio d'ore nel latte. Far sciogliere l'olio e il burro in un tegame in terracotta...
Oh porca! Ho sbagliato copia&incolla dal manuale su 'come lasciare una donna e tutto il resto del mondo'.
Ricominciamo.

Prendete la donna e praticate un'esofagogastroduodenoscopia con la lingua.
Mmm... No, troppo presto.
Dai, serio.

Nella fase di conquista, sfruttare il senso del gusto come strumento può non essere rilevante. E' si vero che anche donna può essere presa per la gola, ma in effetti potremmo avere davanti un'ottima cuoca autosufficiente. O peggio ancora una ragazza che vive di insalate e riso basmati per mantenere la linea.
Che fare allora? Si tenta lo stesso, mai cedere prima di aver giocato tutte le carte. Mal che vada rimane un piacevole diversivo.
Mi sembra chiaro che per passare attraverso questo senso, dobbiamo far godere le sue papille gustative. Quale miglior modo se non invitarla a cena.
Evitate di invitarla a casa vostra perché se vi sta ancora studiando, potrebbe ritenerla una trappola e rifiutare.
Credo sia opportuno evitare di portarla da Gigi il Troione perché, anche se è una buona forchetta, si sentirebbe poco valutata. Il fatto che Gigi il Troione costi poco e prepari delle portate saporite e abbondanti, non giustifica la proposta.
Altrettanto da evitare per il primo invito a cena sono i ristoranti tipo Osteria Francescana (13° nella classifica mondiale) in quanto rischiereste di spendere un capitale, non apprezzare il cibo e, cosa peggiore, alla fine la ragazza potrebbe darvi buca.
L'ideale è accompagnarla in un ristorante a menù fisso ubicato in un locale elegante ma intimo. Ho in mente un posto più o meno così. Se non è ancora sicura di voi, un ristorante con una grande sala la metterebbe a disagio. Sapete, le voci. E l'occhio vuole la sua parte.
Propongo un menù fisso perché, a differenza di ciò che si crede, se mettete un menù davanti ad una donna che non conoscete abbastanza, questa avrà difficoltà a scegliere. Siccome si immagina che pagherete voi, e vi consiglio di farlo, cercherà di bilanciare prezzi e quantità. Non vorrà farvi spendere troppo e nemmeno fare la figura della betoniera. Confronterebbe le vostre scelte per verificare i vostri gusti e se le vostre scelte in quantità e prezzo sono conformi alle sue. Se così non fosse, penserebbe di aver sbagliato qualcosa e ci rimuginerebbe tutto il tempo.
Il menù fisso da trattoria la rilasserà non poco e mentre voi sfoggerete tutte le vostre abilità lessicali e i vostri modi da gentlemen, lei potrà soddisfare il palato in libertà.
Funziona lo stesso anche se siete scarsi in galateo e Cicerone pensate sia una guida turistica. Ricordate di attuare in continuo le guide sui quattro sensi precedenti.
Direi che è facile, no?

In bocca al lupo!

Ah! Le prime righe sono di una ricetta per la bagna cauda: se non volete che il vostro apostrofo rosa, altrimenti detto bacio, rovini tutta la fatica fatta, non mangiatela!

domenica 6 settembre 2009

Storia Di Chicco

Nacqui quest'anno, in primavera. Quando cominciai a guardarmi in giro mi accorsi di non essere solo. Avevo decine di fratelli vicino e migliaia di cugini poco distanti.
Mi sarebbe piaciuto parlare con loro e condividere le meraviglie che ci circondavano. Ovunque volgessi lo sguardo, potevo vedere alberi in fiore e fiori di campo. E verde, tanto verde.
Guardandomi mi resi conto di essere verde anch'io, anche se molto pallido.
I miei fratelli non mi rispondevano, eppure erano così vicini.
Sentii allora la voce di mia mamma. Mi chiamava Chicco. Era molto dolce con me e quando il sole mi guardava fisso per ore, lei mi proteggeva facendomi ombra.
Passava il tempo e io diventavo sempre più grande.
Quando arrivò l'estate, percepii che mia madre soffriva. Mi diceva che da tanti giorni non pioveva e lei per nutrire me e i miei fratelli era costretta a scavare la terra in profondità. Ma non soffriva solo per questo, c'era dell'altro, qualcosa che non voleva dirmi. Io crescevo e il sole rendeva la mia pelle ogni giorno più scura. Io me ne rallegravo perché mi sentivo più forte e più bello. Ma mia mamma non sentiva la stessa felicità.
Poi un giorno venne un uomo. Pensai fosse mio padre e mia madre disse che in un certo senso lo era. Quando si avvicinò non degnò mia madre di uno sguardo, ma guardò me, i miei fratelli e i miei cugini. Mentre annuiva con la testa, pensando chissà cosa, lo vidi allungare le mani verso i miei cugini. Li accarezzava e il suo sguardo non mi piacque. Credevo di aver capito cosa facesse soffrire mia madre.
Poi vidi una cosa che mi terrorizzò. L'uomo prese prima uno dei miei cugini, poi molti di loro e li portò via con . Non li rividi mai più.
Quella notte piovve e io nascosi la mia rabbia e le mie paure in quelle gocce. Mia madre cercava di rassicurarmi, ma non ci riusciva perché nemmeno lei era convinta di ciò che diceva.
L'estate stava volgeva al termine e con essa il caldo sole diminuiva la sua forza. Ringraziavo ogni goccia di pioggia per il bene che faceva a mia madre e per la possibilità di non farmi vedere debole.
Ero ormai diventato grande, tanto che a volte mi sembrava di scoppiare. E la mia pelle divenne nera, come il mio umore. Ero certo che se quell'uomo fosse venuto da me, gliel'avrei fatta pagare.
Lo vidi sempre più spesso, a volte in compagnia di altri come lui. Mentre guardavano e toccavano i miei cugini, quegli uomini ridevano. Bastardi.
Il giorno tanto temuto infine venne. Vidi molti uomini e mia madre non li conosceva tutti, ma sapeva le loro intenzioni.
Aspettavo l'occasione per vendicare i miei cugini, mi dispiaceva che vicino ci fosse uno sconosciuto invece che mio padre. Ma ero a deciso e niente mi avrebbe fermato.
L'uomo si avvicinava sempre di più e sentivo mia madre tremare. Quel giorno ero io a farle coraggio.
Poi mi prese il panico; mi resi conto che l'uomo che vedevo grande come me, nell'avvicinarsi era sempre più mastodontico. Avrei dovuto capirlo che non era come me, anche la forma era diversa. Certo anche mia mamma era diversa da me, ma mai avrei potuto immaginare una mostruosità simile.
Mia madre tremava sempre più con violenza e io sentii avvicinarsi la mia fine. Alcuni dei miei fratelli non ressero all'emozione e caddero a terra. Ma io tenevo duro, non era giusto finire così. Poi vidi un grande occhio scrutarmi e una mano avvicinarsi. Mia madre non fece in tempo a darmi l'addio che la mia coscienza crollò.
Da quel momento vidi cose senza senso, ma non erano allucinazioni. Luci e ombre si alternavano, avevo la forte sensazione di muovermi. Mai mi ero allontanato da mia madre.
Ero certo che con me ci fossero i miei fratelli, ma nemmeno in questo frangente davano retta alle mie chiamate.
Sono ancora confusi quegli accadimenti.
Venni toccato più volte e volgendo lo sguardo non riuscivo più a vedere il verde onnipresente nella mia vita. Verde che in questi giorni sfumava nel giallo e nel rosso. Vedevo uomini e cemento, macchine di tortura e grossi contenitori in legno. Fu terribile l'istante in cui la mia pelle scoppiò. Fui certo di morire.
Rinvenni in un frastuono incredibile, ma ero ancora vivo. Non riuscivo a vedere nulla. Stavo male e tutto quel liquido che mi circondava non poteva essere solo mio. Piano piano, in quella cacofonia di suoni, riuscii a distinguere qualcosa. Voci. Tante voci. Provai a parlare e mi stupii di sentire la mia voce così forte. Chiamai aiuto ma era facile intuire che eravamo tutti nelle stesse condizioni.
Ci volle tempo ma infine la situazione fu chiara.
Io, i miei fratelli e i miei cugini eravamo insieme. Non sentivamo dolore e, cosa più entusiasmante, potevamo comunicare fra noi. Certo le nostre madri avrebbero potuto essere più fantasiose nel darci il nome, ma condividevamo tutti lo stesso affetto per lei e lo stesso rancore per nostro padre.
Cercammo di conoscerci il più possibile, muovendoci sempre più fretta per paura che il tempo non bastasse. Ci abbracciavamo di continuo e presto tutto quel calore ci trasformò.
In quei pochissimi giorni diventammo sempre più forti, più aggressivi. Le nostre coscienze, come le nostre sostanze, si fusero al punto che fu impossibile mantenere l'individualità. E quando gli uomini ci tolsero con la forza i nostri ultimi brandelli di pelle, non soffrimmo affatto. Frammenti dei discorsi paterni, ci informarono che le nostre pelli sarebbero state bollite per ottenerne una bevanda. Vermi schifosi. Gioivamo e sentivamo che il giorno della nostra vendetta sarebbe al fine venuto.
Ci separarono prima in grossi gruppi, poi in gruppi più piccoli. Ci temevano.
Ora sono qui, ancora al buio, ma solo in trepidante attesa.
Ora abbiamo un nome e conosciamo il nostro destino. Siamo dei buoni ascoltatori, riscaldiamo gli animi e li confondiamo. Se il nostro gruppo è abbastanza grande, riusciamo anche a uccidere.
Ci chiamano con molti nomi, ma a noi basta essere Vino.

Buona Notte.

Approfitto per segnalare la prossima Sagra dell'Uva che si terrà a Caluso (TO) dal 5 al 21 Settembre. Qui 'Vino' si fa chiamare Erbaluce. Occhio...

venerdì 4 settembre 2009

Il Bambino Alieno

Dopo il drago sottaceto, il coniglio mutilato e il chupacabras disidratato, ecco l'alieno che non voleva morire.
Come al solito i giornalisti ci prendono per fessi, o sono fessi loro. Una notizia come questa me la sarei aspettata all'inizio dell'estate, quando i professionisti sono in ferie e i novellini cercano di far colpo con i sensazionalismi.
Questa volta il notizione è il ritrovamento di un bambino alieno in Messico. Ne parla La Stampa e il TG5, quindi informazione che dovrebbe essere incontestabile.
L'alieno sarebbe stato catturato da un paio di contadini e fatto annegare perché non riuscivano a soffocarlo. Scarpe grosse, cervello fino.
Vedono un alieno e che fanno? Decidono subito di farlo fuori e non con una badilata o una fucilata o prendendolo sotto col trattore. No, vogliono soffocarlo e visto che resisteva, lo tengono qualche ora sott'acqua. Mi sembra logico.
Poi forse si rendono conto di aver fatto la cazzata, e portano il cadaverino in una innominata Università del luogo. Qui lo studiano per un po' e giungono alla conclusione che non è di origine terrestre. E anche questi geni che fanno? Mica pubblicano la scoperta su un giornale di settore, mica convocano una mega conferenza stampa, mica si propongono per il Nobel, no.
Non uno che si esponga.
E secondo me fa bene.
Io credo nella vita extra-terrestre, mi piacerebbe averne le prove, ma mi fa incazzare che vengano propinate certe stupidaggini!

Buona Notte!

giovedì 3 settembre 2009

G come Gutenberg? Naaa, Google!

Ho letto che Google è tornata all'attacco con la sua proposta di digitalizzare tutti i libri e creare una biblioteca virtuale. O forse era Wikipedia a volerlo fare per poi metterla disposizione sul web.
Sta di fatto che l'accordo sta per essere firmato anche dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC), oltre a svariati stati americani e europei. In Europa, l'unica ad opporsi è la Germania, facendo appello alla violazione dei diritti d'autore e della privacy. Cosa c'entri la privacy non me lo spiego proprio, ma così leggo.
Per quanto riguarda i diritti d'autore, bisognerebbe sapere che dicono le leggi tedesche. Se le leggi sono come le nostre, non vedo il problema. L'obiettivo di Google è salvaguardare e mettere a disposizione del mondo intero opere uniche, o rare, che col tempo sparirebbero insieme al loro supporto organico, carta o pergamena che sia.
Mi immagino i migliaia di codici medievali, oggi visionabili solo da pochi eletti, diventare sul serio ciò che sono, ovvero patrimonio dell'umanità. Chiunque potrebbe sfogliarli dal proprio pc, da un tablet pc o anche solo da un cellulare di nuova generazione. Ci sarebbe inoltre il vantaggio, perché credo lo faranno di sicuro, di disporre dell'eventuale traduzione o della possibile ricostruzione del mancante.
Questo che diritto violerebbe?
Se poi Google volesse possedere anche tutte le opere moderne o contemporanee, beh, a me non sembra una cosa malvagia. Certo ci rimetterebbero le case editrici e gli autori, come già succede per la musica e i film, ma pochi rinuncerebbero ad avere fra le mani un libro fresco di stampa, magari autografato, in cambio di una fredda lettura a video. Forse farebbe anche bene. Già adesso, il download selvaggio di musica e film non ha fermato la vendita di cd e dvd, con la differenza che magari uno compra solo ciò che gli è piaciuto in formato pirata. In teoria la qualità del venduto dovrebbe tendere a salire, lasciando sullo scaffale la boiata acclamata dai critici o stra-pubblicizzata.
Nel frattempo, se volete testare uno di quei classici di cui vi parlano tanto bene ma per cui voi non avete il cuore di spendere pochi Euro per comprarlo, potete liberamente, legalmente e gratuitamente scaricarlo dal sito LiberLiber.
Se invece volete sperimentare un autore (quasi) sconosciuto, con all'attivo una sola opera pubblicata in cartaceo ma per me degna di nota, eccovi il sito di Simone Maria Navarra (quasi) mio amico dal quale potete scaricare liberamente i suoi ebook.
Se ancora non siete soddisfatti, potete dare un'occhiata al formato digitale di alcuni, pochi, codici miniati medievali.
Buone letture e

Buona Notte!

martedì 1 settembre 2009

Fermata Tarch(u)na

Tarquinia è una città che merita di essere visitata, almeno per i miei gusti.
Ci siamo fermati, io e Cinzia, sulla via del ritorno dalla Calabria; non avevamo fretta e spezzare il viaggio ci è sembrata un'ottima idea.
Percorrendo l'Aurelia verso sud la si può vedere bene già da lontano, sulla sinistra con le sue torri svettanti. E' posta su un colle affacciato all'immensa pianura della Maremma.
Noi arrivavamo da sud e ci stupivamo di non riuscire a vederla nonostante la cartina geografica la indicasse ormai imminente. Nessun problema, sull'Aurelia ci sono ben tre uscite per raggiungerla; noi abbiamo preferito scegliere la seconda, con la speranza di vederla da lontano.
Ho trovato curioso che solo arrivando da nord si nota la selva di torri, da sud sembra una qualunque cittadina arroccata. E da pure l'impressione di essere piccola: leggo ora che conta sedicimila anime.
E' circa metà pomeriggio e appena svoltato ci mettiamo alla ricerca di un albergo, supponendo una lunga ricerca. Da lontano fa bella mostra l'insegna dell'Hotel Tarconte, se non ricordo male, quindi senza più badare a niente puntiamo lì. Prezzo 115€, un po' fuori dal centro e forse senza parcheggio interno. Peccato, il panorama prometteva davvero bene.
Cominciamo a girare un po' e vediamo un cartello che indica la direzione per l'Hotel Sporting. Ci chiediamo se ci sono solo due hotel e seguiamo la direzione. Poi un altro cartello, poi un altro e poi uno sbiadito. In un attimo eravamo in piena campagna.
Torniamo indietro. Entriamo nella città vecchia superando le mura fortificate. Godiamo dei primi scorci della città: è già bella ma di un albergo nemmeno l'ombra. Usciamo dalle mura e seguiamo una strada in discesa. Vedo il mare, per cui stiamo guidando verso l'Aurelia. Vedo due cartelli che indicano altrettanti hotel a poche centinaia di metri. Ci fermiamo al primo che incontriamo, l'Hotel Aurelia: due stelle ma con parcheggio privato.
Ci accoglie una vecchina con un'età vagamente compresa tra i sessanta e gli ottanta. Prezzo 60€. Soppesiamo un attimo la situazione; forse ci aspetta una topaia. Siamo stanchi e decidiamo di fermarci. La nostra camera è al terzo e ultimo piano. Nel corridoio c'è un vago odore di fumo. Entriamo in camera e la esploriamo. Ci mettiamo un attimo perché è composta da una camera da letto di 10 mq e un bagno grande la metà. Ci affacciamo alla finestra della camera e che vediamo? Lo Sporting Hotel! Ma porca! Ormai siamo qui e non ci muoviamo, in fondo la camera è pulita e per una notte va benissimo.
Scendiamo e chiedendo indicazioni alla vecchina, ci dirigiamo a piedi verso il centro storico. Tramite una strada piuttosto ripida, in pochi minuti siamo a Palazzo Vitelleschi, sede del Museo Nazionale Etrusco. Un'occhiata agli orari di apertura e proseguiamo il giro.



Il centro storico è esattamente come sembra, ovvero un piccolo centro in prevalenza costruito nel XIV secolo. Ogni vicolo, anche il più nascosto, è una sorpresa da immortalare in digitale.



Appena tramonta il sole, torniamo in albergo per farci una doccia ristoratrice. Freschi e profumati torniamo nel centro storico alla ricerca di un posto dove mangiare.
Dopo aver girato un pochino ero già di nuovo sudato e appena imbarazzato entro con Cinzia alla Cantina dell'Etrusco. Rimaniamo entusiasti del locale e dei pasti consumati. Non mi spiego come mai il locale fosse vuoto, pure i prezzi erano ottimi: 37€ in due non mi sembra molto, no? Mistero.



Un po' ebbri dal vino e con la stanchezza che cominciava a farsi sentire, torniamo in albergo.
Chiediamo alla vecchina a che ora c'è la colazione e lei, spiacente, ci dice che non la danno. In effetti non avevo visto sale, però la cosa mi abbatte un po'. Pazienza.
Andiamo a dormire e, devo dire, il letto è comodissimo. Durante la notte mi sveglio per il caldo e attacco il condizionatore, in questi mesi non ho mai provato un caldo simile!
Al mattino, torniamo in centro e facciamo colazione nella prima piazza che troviamo. Ci serve una gentile signora.
Il museo è dall'altra parte della piazza. Con 8€ ci assicuriamo anche la visita alla necropoli. Come molti musei in Italia, i manufatti vengono esposti senza valorizzarli, quasi fossimo in un supermercato. Per fortuna la qualità dei resti archeologici è alta e il secondo e il terzo piano sono manna anche per chi conosce poco l'antico popolo degli Etruschi. Il museo non dispone di aria condizionata e le finestre spalancate non alleviano il caldo. E sono solo le 9e30 del mattino.
Finita la visita, torniamo in albergo, recuperiamo le nostre cose e ci spostiamo verso la Necropoli Etrusca.
Da fuori mi delude perché tento di paragonarla alla necropoli di Populonia e ciò che vedo mi ricorda una serie di baracche da giardino sparpagliate. Una volta entrato capisco il mio errore: le tombe non sono tumulate ma scavate sottoterra, nella roccia. Un guardiano logorroico, in netta contrapposizione agli altri, ci informa che sotto i nostri piedi ci sono più di duemila tombe e quelle visitabili sono una parte di quelle affrescate.




La nostra sosta a Tarquinia termina qui. Troppo forte il sole di mezzogiorno per visitare la Civita. Usciti dalla necropoli risaliamo in macchina e puntiamo verso casa.