domenica 6 settembre 2009

Storia Di Chicco

Nacqui quest'anno, in primavera. Quando cominciai a guardarmi in giro mi accorsi di non essere solo. Avevo decine di fratelli vicino e migliaia di cugini poco distanti.
Mi sarebbe piaciuto parlare con loro e condividere le meraviglie che ci circondavano. Ovunque volgessi lo sguardo, potevo vedere alberi in fiore e fiori di campo. E verde, tanto verde.
Guardandomi mi resi conto di essere verde anch'io, anche se molto pallido.
I miei fratelli non mi rispondevano, eppure erano così vicini.
Sentii allora la voce di mia mamma. Mi chiamava Chicco. Era molto dolce con me e quando il sole mi guardava fisso per ore, lei mi proteggeva facendomi ombra.
Passava il tempo e io diventavo sempre più grande.
Quando arrivò l'estate, percepii che mia madre soffriva. Mi diceva che da tanti giorni non pioveva e lei per nutrire me e i miei fratelli era costretta a scavare la terra in profondità. Ma non soffriva solo per questo, c'era dell'altro, qualcosa che non voleva dirmi. Io crescevo e il sole rendeva la mia pelle ogni giorno più scura. Io me ne rallegravo perché mi sentivo più forte e più bello. Ma mia mamma non sentiva la stessa felicità.
Poi un giorno venne un uomo. Pensai fosse mio padre e mia madre disse che in un certo senso lo era. Quando si avvicinò non degnò mia madre di uno sguardo, ma guardò me, i miei fratelli e i miei cugini. Mentre annuiva con la testa, pensando chissà cosa, lo vidi allungare le mani verso i miei cugini. Li accarezzava e il suo sguardo non mi piacque. Credevo di aver capito cosa facesse soffrire mia madre.
Poi vidi una cosa che mi terrorizzò. L'uomo prese prima uno dei miei cugini, poi molti di loro e li portò via con . Non li rividi mai più.
Quella notte piovve e io nascosi la mia rabbia e le mie paure in quelle gocce. Mia madre cercava di rassicurarmi, ma non ci riusciva perché nemmeno lei era convinta di ciò che diceva.
L'estate stava volgeva al termine e con essa il caldo sole diminuiva la sua forza. Ringraziavo ogni goccia di pioggia per il bene che faceva a mia madre e per la possibilità di non farmi vedere debole.
Ero ormai diventato grande, tanto che a volte mi sembrava di scoppiare. E la mia pelle divenne nera, come il mio umore. Ero certo che se quell'uomo fosse venuto da me, gliel'avrei fatta pagare.
Lo vidi sempre più spesso, a volte in compagnia di altri come lui. Mentre guardavano e toccavano i miei cugini, quegli uomini ridevano. Bastardi.
Il giorno tanto temuto infine venne. Vidi molti uomini e mia madre non li conosceva tutti, ma sapeva le loro intenzioni.
Aspettavo l'occasione per vendicare i miei cugini, mi dispiaceva che vicino ci fosse uno sconosciuto invece che mio padre. Ma ero a deciso e niente mi avrebbe fermato.
L'uomo si avvicinava sempre di più e sentivo mia madre tremare. Quel giorno ero io a farle coraggio.
Poi mi prese il panico; mi resi conto che l'uomo che vedevo grande come me, nell'avvicinarsi era sempre più mastodontico. Avrei dovuto capirlo che non era come me, anche la forma era diversa. Certo anche mia mamma era diversa da me, ma mai avrei potuto immaginare una mostruosità simile.
Mia madre tremava sempre più con violenza e io sentii avvicinarsi la mia fine. Alcuni dei miei fratelli non ressero all'emozione e caddero a terra. Ma io tenevo duro, non era giusto finire così. Poi vidi un grande occhio scrutarmi e una mano avvicinarsi. Mia madre non fece in tempo a darmi l'addio che la mia coscienza crollò.
Da quel momento vidi cose senza senso, ma non erano allucinazioni. Luci e ombre si alternavano, avevo la forte sensazione di muovermi. Mai mi ero allontanato da mia madre.
Ero certo che con me ci fossero i miei fratelli, ma nemmeno in questo frangente davano retta alle mie chiamate.
Sono ancora confusi quegli accadimenti.
Venni toccato più volte e volgendo lo sguardo non riuscivo più a vedere il verde onnipresente nella mia vita. Verde che in questi giorni sfumava nel giallo e nel rosso. Vedevo uomini e cemento, macchine di tortura e grossi contenitori in legno. Fu terribile l'istante in cui la mia pelle scoppiò. Fui certo di morire.
Rinvenni in un frastuono incredibile, ma ero ancora vivo. Non riuscivo a vedere nulla. Stavo male e tutto quel liquido che mi circondava non poteva essere solo mio. Piano piano, in quella cacofonia di suoni, riuscii a distinguere qualcosa. Voci. Tante voci. Provai a parlare e mi stupii di sentire la mia voce così forte. Chiamai aiuto ma era facile intuire che eravamo tutti nelle stesse condizioni.
Ci volle tempo ma infine la situazione fu chiara.
Io, i miei fratelli e i miei cugini eravamo insieme. Non sentivamo dolore e, cosa più entusiasmante, potevamo comunicare fra noi. Certo le nostre madri avrebbero potuto essere più fantasiose nel darci il nome, ma condividevamo tutti lo stesso affetto per lei e lo stesso rancore per nostro padre.
Cercammo di conoscerci il più possibile, muovendoci sempre più fretta per paura che il tempo non bastasse. Ci abbracciavamo di continuo e presto tutto quel calore ci trasformò.
In quei pochissimi giorni diventammo sempre più forti, più aggressivi. Le nostre coscienze, come le nostre sostanze, si fusero al punto che fu impossibile mantenere l'individualità. E quando gli uomini ci tolsero con la forza i nostri ultimi brandelli di pelle, non soffrimmo affatto. Frammenti dei discorsi paterni, ci informarono che le nostre pelli sarebbero state bollite per ottenerne una bevanda. Vermi schifosi. Gioivamo e sentivamo che il giorno della nostra vendetta sarebbe al fine venuto.
Ci separarono prima in grossi gruppi, poi in gruppi più piccoli. Ci temevano.
Ora sono qui, ancora al buio, ma solo in trepidante attesa.
Ora abbiamo un nome e conosciamo il nostro destino. Siamo dei buoni ascoltatori, riscaldiamo gli animi e li confondiamo. Se il nostro gruppo è abbastanza grande, riusciamo anche a uccidere.
Ci chiamano con molti nomi, ma a noi basta essere Vino.

Buona Notte.

Approfitto per segnalare la prossima Sagra dell'Uva che si terrà a Caluso (TO) dal 5 al 21 Settembre. Qui 'Vino' si fa chiamare Erbaluce. Occhio...

4 commenti:

Cinzia ha detto...

Bello bello.... storia strana.... ti chiedi per tutto il tempo.... "ma di che caspiterina parla?????"

Dino Sauro ha detto...

Una storia tremenda.
Questa mattina ho raccolto un'altra testimonianza che è molto simile. Si tratta di un altro Chicco. L'hanno strappato alla sua famiglia e gettato in un forno. Poi se non bastasse l'hanno macinato. E'stata gente delle vostre parti, Vergnano mi sembra.
Buon caffè, però...ci voleva!

paroleperaria ha detto...

Ciao... bellissima storia... Mi ha lasciato con il fiato sopseso fino all'ultima riga!
:))

Roby ha detto...

@Cinzia e Fra: Grazie! Vuol dire che sono riuscito nell'intento.

@Dino: Assassino! E' ladro tanto chi ruba che chi fa il palo. Tu hai contribuito ad un omicidio!